L’aspetto più rilevante della scoperta, però, è che si tratta della seconda volta in cui, nel Bulge della nostra galassia, viene trovato un sistema stellare con le sembianze di un ammasso globulare che, invece, “viola tutte le regole della sua categoria di appartenenza”. Lo stesso gruppo di astrofisici, infatti, aveva scoperto un oggetto simile 11 anni fa: Terzan 5 (questo è il suo nome) era classificato come ammasso globulare da decenni, ma ha invece rivelato la presenza di una popolazione stellare vecchia quanto la Via Lattea ed un’altra molto più giovane (di soli 4.5 miliardi di anni) molto più ricca in ferro. La sua composizione chimica è straordinariamente simile a quella misurata nelle stelle del Bulge e suggerisce che questo sistema sia il reperto fossile di una struttura molto più massiccia che ha contribuito a generare il rigonfiamento centrale della Via Lattea, circa 12 miliardi di anni fa.

Mentre un caso isolato poteva essere solo una curiosa anomalia (spesso, una sola rondine non fa primavera!), la scoperta che Liller 1 ha caratteristiche molto simili a quelle di Terzan 5 ha permesso di definire una classe di sistemi stellari finora sconosciuti: i “Frammenti Fossili del Bulge”. Sotto le mentite spoglie di ammassi globulari, nascosti dalle spesse nubi di polvere che avvolgono la parte centrale della nostra galassia, questi reperti sono stati finalmente portati alla luce.

Mentre le osservazioni dell’universo lontano mostrano che i nuclei centrali (bulge) delle galassie a spirale si formano attraverso la fusione di aggregati primordiali di gas e stelle, nessuna evidenza di questo processo era stata mai trovata nella Via Lattea. Grazie alla straordinaria sinergia tra il telescopio Gemini South in Cile e il telescopio spaziale Hubble, è stata scoperta una nuova classe di sistemi stellari battezzati “Frammenti Fossili del Bulge” che costituiscono i reperti fossili di quel processo di formazione. La scoperta, pubblicata nell’edizione di lunedì 14 dicembre 2020 della prestigiosa rivista Nature Astronomy è il risultato di uno studio condotto da un gruppo internazionale di astrofisici guidato da Francesco Ferraro del Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi” dell’Università di Bologna e associato all’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).

RISCRIVENDO LO SCENARIO DI FORMAZIONE

DEL BULGE GALATTICO

Immagine artistica di Gemini South e HST entrambi puntati verso Liller 1 nel bulge della Via Lattea (Credit per l’immagine della Galassia: ESO/S. Brunier). Le immagini HST in banda ottica usate in questo studio sono le prime mai ottenute per Liller 1.

Image Credit: F.R. Ferraro/C. Pallanca (UniBO)

La prima immagine ottica di Liller 1 mai ottenuta da Hubble (sinistra) e quella infrarossa acquisita al telescopio Gemini South in Cile (destra). È proprio dalla combinazione di queste straordinarie immagini che è stata svelata la vera identità di Liller 1: per la prima volta, si è scoperto che questo sistema ospita due popolazioni stellari distinte, una estremamente vecchia, di circa 12 miliari di anni, ed un’altra che si è formata solo 1-2 miliardi di anni fa.

Image Credit: F.R. Ferraro/C. Pallanca (UniBO)

Immagine della Via Lattea in direzione del centro galattico (Credit: ESO/S. Brunier), con evidenziate le posizioni dei due Frammenti Fossili del Bulge identificati finora: Liller 1 e Terzan 5. Le macchie scure su fondo chiaro sono nubi spesse di polvere interstellare che assorbono la luce emessa dalle sorgenti che vi stanno dietro.

Image Credit: F.R. Ferraro/C. Pallanca (UniBO)

Infatti, sebbene la sua esistenza fosse nota da decenni, Liller 1 è stato sempre studiato pochissimo a causa del fatto che si trova in una delle regioni più opache della nostra galassia, dove spesse nubi di polvere oscurano fortemente la luce stellare. A causa di queste nubi, la luce visibile che emerge da quelle stelle risulta fino a 10000 volte più debole di quanto sia in realtà! Solo la luce infrarossa è capace di penetrare efficentemente queste nubi. E dunque una prima ispezione del contenuto stellare di Liller 1 è stata effettuata con l’utilizzo di immagini infrarosse acquisite con il Gemini South. Si tratta di un potente telescopio di 8 metri di diametro, dotato di strumentazione in grado di correggere le distorsioni che l’atmosfera terrestre provoca sulle immagini delle stelle. Le immagini acquisite al Gemini South sono subito apparse straordinarie: grazie ad una correzione pressoché perfetta delle distorsioni atmosferiche, avevano lo stesso livello di risoluzione angolare di quelle acquisite dallo spazio (dove l’effetto degradante dell’atmosfera è assente). Benché abbiano permesso una prima analisi dettagliata della popolazione stellare di questo sistema, da sole, però,, non erano sufficienti a comporre il quadro definitivo. Soprattutto non rispondevano ad una domanda fondamentale: ma le stelle che vediamo in queste immagini appartengono tutte a Liller 1, o ci sono “degli intrusi”? In effetti, specialmente nelle regioni più interne del Bulge, è estremamente difficile distinguere le vere stelle di Liller1 da quelle appartenenti al “campo galattico”, cioè semplicemente osservate lungo la stessa linea di vista, ma non facenti parte del sistema.

Per questo, il team di scienziati ha richiesto l’intervento del telescopio spaziale e ottenuto le prime immagini ottiche di Liller 1: difficile da credere, ma in 30 anni di attività Hubble non aveva mai osservato questo sistema stellare nelle bande ottiche! Una volta combinate tra loro, le immagini Gemini e HST hanno finalmente fornito una visione chiara e dettagliata delle stelle di Liller 1, escludendo efficacemente gli astri non appartenenti al sistema. La conclusione è stata una vera sorpresa: Liller 1 ospita almeno due popolazioni stellari con età drasticamente differenti, la prima si è formata circa 12 miliardi di anni fa (cioè alla stessa epoca di formazione della Via Lattea), mentre la seconda è molto più giovane (ha un’età di appena 1-2 miliardi di anni)!

Questa scoperta dimostra in maniera inequivocabile che Liller 1 non è un ammasso globulare, ma qualcosa di molto più complesso. Sicuramente deve aver avuto origine da un sistema stellare molto più massiccio, che è riuscito a dar luce ad una seconda generazione di stelle dopo circa 10 miliardi di anni dalla prima, a partire da gas chimicamente arricchito dalla popolazione precedente.

“Come succede agli archeologi a caccia di civiltà remote, questa scoperta ci dice chiaramente che dobbiamo scavare più a fondo nel Bulge della galassia. In questi reperti fossili (come in una sorta di Stele di Rosetta) è impressa la storia di formazione della Via Lattea e grazie al loro ritrovamento oggi possiamo finalmente cominciare a leggere questa storia e a ridisegnare lo scenario di formazione del Bulge”, commenta il Prof. Francesco Ferraro dell’Università di Bologna (UniBO) e associato all’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), primo autore e coordinatore dello studio.

Ricercatori coinvolti nella ricerca:

University of Bologna: Francesco R. Ferraro, Cristina Pallanca, Barbara Lanzoni,  Chiara Crociati, Alessio Mucciarelli

INAF-OAS: Emanuele Dalessandro, Livia Origlia

University of California (USA): R. Michael Rich

Liverpool John Moores University (UK): Sara Saracino

European Southern Observatory (Germany): Elena Valenti,  Giacomo Beccari

University of Conception (Chile): Douglas Geisler, Sandro Villanova

Universidad Católica del Norte (Chile): Francesco Mauro, Cristian Moni Bidin

Per ulteriori informazioni

Francesco Ferraro

email: francesco.ferraro3@unibo.it

tel: +390512095774

mobile: +393666357560

La scoperta in breve

Si chiama Liller 1, è situato nel Bulge della Via Lattea e da più di 40 anni era catalogato come un normale ammasso globulare, cioè un aggregato di milioni di stelle che hanno tutte all’incirca la stessa età e la stessa composizione chimica, almeno in termini di abbondanza di ferro. Uno dei tanti sistemi stellari di questo tipo, ce ne sono circa 150 nella nostra galassia. Un team di astrofisici ha finalmente svelato la sua vera identità. Sotto le sembianze di un normale ammasso globulare, si celava in realtà un oggetto molto più affascinate: il frammento fossile di uno dei giganteschi agglomerati di stelle dalla cui fusione, 12 miliardi di anni fa, si è formata la parte centrale (il Bulge) della nostra galassia.

Un vero e proprio reperto fossile, preziosissimo, risalente all’epoca della violenta e caotica formazione di gran parte delle strutture cosmiche, tra cui la Via Lattea, che ospita anche il sistema solare. Come gli archeologi portano alla luce i resti di civiltà passate, così gli astrofisici hanno spesso a che fare con reperti di epoche remote. In entrambi i casi, la “lettura” dei reperti è tutt’altro che immediata: occorrono analisi dettagliate di tutte le incisioni (spesso utilizzando più strumenti), di tutte le tracce impresse su ciascun reperto, per riucire a capirne l’importanza. E così è stato per Liller 1. Per scoprire la sua vera identità è stato necessario combinare le immagini di due tra i più potenti telescopi oggi disponibili: Il telescopio Gemini South (in Cile) e il telescopio spaziale Hubble (HST) in orbita attorno al nostro pianeta.

Immagine panoramica della Via Lattea (Credit: ESO/S. Brunier) con evidenziata la posizione dei due Frammenti Fossili del Bulge identificati finora (Liller 1 e Terzan 5).

Image Credit: F.R. Ferraro/C. Pallanca (UniBO)

Credit: ESO/S. Brunier